Sul dizionario etimologico leggo che “ANELARE” significa aspirare a qualcosa, significa desiderio ardente che puo’ rendere affannoso il respiro.
Dunque una scultura,un cavallo,che porta il nome Anelito non puo’ essere realizzato se non da chi ha avuto al centro della propria vita artistica e di relazione grandi tensioni,quell’aspirazione alla pienezza,a un senso profondo della vita che è il dono di se stessi agli altri.
Le masse bronzee sono contrastanti: le zampe posteriori accovacciate paiono quasi antiche, di esseri primordiali, all’origine della filogenesi.
Poi attraverso una torsione spasmodica,che ricorda le figure del Pontormo, la parte anteriore del cavallo si erge quasi volendo mettere una distanza evolutiva dalla parte sottostante che lo porta con il cuore e la razionalita’ a distaccarsi da una vita troppo legata alle sicurezze della terra su cui si appoggia,anzi da cui e’ generato,per proiettarsi verso l’alto,verso lo spazio vuoto dove ogni movimento e direzione sono possibili, quindi è possibile il dono, l’anelito, il respiro del cuore che si offre nella gratuita’..
Grande opera ANELITO di Mario Pavesi, che mi ricorda un’altra sua opera intensissima, il Gesù crocifisso realizzato tra il 2006\2007 dove il dono che Gesu’ ha fatto di se mettendo la sua vita non nelle sicurezze ma solo nell’amore è evidentissima in un corpo appeso ma che abbraccia, in un volto morente ma intensamente vivo.
Ancora una volta in ANELITO Mario ci dona una forti emozioni e l’incontro con la materia utilizzata ,il bronzo patinato, dice che la stessa materia vive in quell’opera, una espressione della sua nobile identita’ .
Grazie Mario perche’ ci racconti con la tua arte che è ancora possibile tenere vivo un sogno autentico nella propria vita; grazie perche’ tu stesso da sempre vivi dei tuoi sogni.
Maria Valli